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lunedì 8 ottobre 2012

Intervista a Piergiovanni Partel, tecnico faunistico del Parco Naturale di Paneveggio Pale di San Martino



1 Mi ricordo che sei tecnico faunistico, se non sbaglio, per cui la prima domanda è cosa fa un tecnico faunistico?

Il mio lavoro consiste nel pianificare e gestire tutte quelle attività che un Parco svolge nell’ambito dei propri programmi, finalizzate alla conservazione degli aspetti faunistici.
In particolare mi occupo di pianificare e coordinare le attività di monitoraggio e di ricerca scientifica che vengono svolte sulla fauna selvatica.
Inoltre verifico che i Progetti che si intendono realizzare nel Parco siano compatibili con la salvaguardia degli aspetti faunistici, con particolare riferimento alla tutela dei periodi particolarmente critici per la fauna, quali ad esempio il periodo riproduttivo.

2 I piani di reintroduzione di specie faunistiche e floristiche sono alcune delle attività di un parco, da cosa sono caratterizzati e quali sono le tempistiche per ultimare un progetto in questo senso?

Le reintroduzioni sono degli interventi gestionali che vengono attuati come ultimo tentativo per riportare una determinata specie in un territorio da cui è scomparsa. Sono pratiche complesse e caratterizzate da una elevata percentuale di insuccesso e per questo devono essere attentamente pianificate prima di essere avviate.
Questi interventi sono regolamentati da una specifica normativa che prevede in particolare che una operazione di reintroduzione deve essere anticipata da uno studio di fattibilità che indaghi in particolare i seguenti aspetti:
- inquadramento del progetto nella strategia di conservazione della specie;
- presenza delle condizioni che fanno di un rilascio di animali una reintroduzione propriamente detta;
- presenza pregressa della specie in tempi storici;
- permanenza delle condizioni ambientali uguali al periodo di estinzione della specie;
- assenza delle cause che hanno portato all’estinzione della specie;
- compatibilità del progetto con l’attuale situazione ambientale e sociale;
- analisi critica dei possibili fattori limitanti per lo sviluppo della popolazione immessa;
- analisi critica delle problematiche ambientali e sanitarie legate alla reintroduzione.
In particolare le reintroduzioni consistono nel reperire da un nucleo vitale di una determinata specie alcuni soggetti, che vengono poi traslocati in un’area in cui la stessa specie si è estinta.
Le modalità e le tempistiche con cui si svolge un’operazione di reintroduzione variano da specie a specie, dal numero di soggetti che si possono reperire per formare un nuovo nucleo in grado di generare una popolazione vitale e da eventuali problematiche che possono insorgere nel corso del progetto.
Nel caso del Parco di Paneveggio Pale di San Martino abbiamo in corso un’operazione di reintroduzione sullo stambecco che è stata avviata nel corso del 2000 e che è ancora in atto, in quanto l’arrivo della rogna sarcoptica (malattia parassitaria del camoscio e dello stambecco che può provocare elevate mortalità), ha ridotto il numero di soggetti presenti nella neocolonia.

3 Quali sono i progetti in ambito faunistico del Parco di Paneveggio attualmente, se puoi descriverli brevemente?

Oltre al progetto di reintroduzione dello stambecco il Parco ha in atto una serie di monitoraggi e ricerche scientifiche, tra questi un importante calendario di monitoraggi su varie specie (tetraonidi in primis) che garantiscono l’acquisizione di dati aggiornati sulla dinamica di popolazione.
Per quanto riguarda la ricerca scientifica allo stato attuale il Parco sta lavorando su progetti quali lo studio dei Lepidotteri notturni, lo studio dei Coleotteri Cerambicidi e lo studio della biologia del gallo cedrone.

4 Qualche tempo fa ho partecipato in piccola parte durante il mio stage universitario ad un progetto sul Gallo Cedrone, che risultati ha portato questo progetto e com'è attualmente la popolazione di questo tetraonide all'interno del Parco?

A partire dall’anno 2009 l’Ente Parco Naturale Paneveggio - Pale di San Martino ha avviato una ricerca sulla biologia del gallo cedrone, al fine di approfondire lo status della specie e in particolare le motivazioni della sua rarefazione, per poter individuare efficaci misure di conservazione.
Questa ricerca, che prevede la cattura e la marcatura di alcuni individui, ha permesso fino ad ora di munire di radiocollare quasi trenta galli cedroni, che sono poi stati monitorati con l’ausilio della radiotelemetria, tecnica che permette di localizzare la posizione del singolo soggetto a distanza.
La ricerca sta evidenziando dati importanti; tra gli aspetti più interessanti risultano l’elevata sopravvivenza dei soggetti adulti e il basso successo riproduttivo della specie, nonché la scoperta che l’alta percentuale di femmine senza nidiata deriva soprattutto dall’importante tasso di predazione dei nidi, causato sia da mammiferi (volpe) che da corvidi. Altro dato interessante risulta essere la conferma che l’elevata mortalità dei pulli nelle prime settimane di vita dipende, in primis, dalle condizioni meteorologiche.
In merito alla consistenza del gallo cedrone nel Parco dal 1992 vengono attuati i censimenti primaverili sulle arene di canto, e dal 2008 quelli relativi ai censimenti tardo estivi con i cani da ferma. Lo status della specie nell’ambito dell’area protetta appare positivo, in controtendenza a quanto succede in altre realtà alpine in cui il tetraonide è in regresso. Nel corso del 2011 il censimento primaverile ha registrato il numero massimo di galli cedroni maschi del periodo 1994-2011, con una media di 2,5 maschi per arena di canto.

5 Qualcosa sulla situazione della fauna del Parco con una parentesi sui grandi predatori.

Complessivamente la situazione faunistica nel Parco può essere definita molto buona. Nell’area protetta, difatti, sono presenti tutti e cinque i galliformi alpini, situazione che oggigiorno si può riscontrare raramente in altre realtà alpine. Il cospicuo numero di specie di uccelli nidificati (più di 80) rapportato alle dimensioni relativamente piccole dell’area (20.000 ettari circa) rivela una grande diversità ambientale e l’importanza di questo sito nelle strategie di conservazione ambientale.
Per quanto riguarda i grandi predatori (lince, lupo, orso) al momento attuale non ci sono evidenze della loro presenza nel Parco. Tuttavia, negli ultimi anni alcuni esemplari di orso provenienti sia dalla Slovenia che dal Parco Adamello Brenta hanno frequentato anche il territorio del Parco.
Nell’ultimo decennio sulle Alpi si sta assistendo ad un’importante espansione degli areali di distribuzione di orso e lupo, nel primo caso dovuti soprattutto all’aumento della popolazione Trentina che recentemente ha visto alcuni suoi esemplari congiungersi con la popolazione slovena.
Anche nel caso del lupo recentemente si è assistito al contatto tra le popolazioni italiane e quelle slovene. All’inizio del 2012, infatti, un lupo maschio, radiocollarato in Slovenia, ha raggiunto le zone limitrofe al Parco e successivamente si è spostano sui monti Lessini (nel Veronese) dove si è unito ad una lupa proveniente dalla popolazione italiana.
Le prospettive sono interessanti e prefigurano la possibilità, nei prossimi anni, di assistere all’arrivo di ulteriori soggetti nelle nostre aree.

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