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martedì 30 aprile 2013

I tesori nascosti in Italia fatti di foglie e di petali

In Italia quando parliamo di natura vengono in mente soprattutto gli animali, poche persone hanno la passione per la botanica oppure non ci pensano; nel nostro paese abbiamo dei tesori floristici veramente eccezionali, ma andiamo ad elencarne qualcuno.
Sulle rupi dell'Oasi WWF delle Gole del Sagittario in Abruzzo è presente una composita unica al mondo: il Fiordaliso del Sagittario (Centaurea scannensis), un endemismo color magenta su foglie grigio cenere, considerato molto raro; rimanendo in Abruzzo nell'Oasi WWF di Serranella troviamo la Tifa di Laxmann (Typha laxmanii), presente nei canneti.
Passiamo in Sicilia, terra di agrumi, di sole e di mare: all'interno dell'Oasi WWF di Torre di Salsa possiamo imbatterci nel Malvone di Agrigento (Lavatera agrigentina), un endemismo della Sicilia centro meridionale che presenta fiori color burro e che fiorisce in aprile insieme a molte orchidee; spostandoci verso Trapani nell'Oasi WWF delle Saline di Trapani e Paceco e in particolare sulle spiagge dell'Oasi spiccano i capolini gialli del Fiorrancio di mare (Calendula maritima) considerato vulnerabile nel Libro Rosso del WWF.
Un ambiente suggestivo è quello delle dune, un habitat ormai raro e messo in pericolo dai tanti centri di balneazione, dal turismo marittimo e dalle troppo attività abusive sui litorali. A Tirrenia, sulla costa Versiliana, c'è un'Oasi WWF  detta delle Dune di Tirrenia che presenta una rara liana mediterranea con fiori violetti poco vistosi, si tratta della Periploca graeca che preferisce aree umide e boscose prossime al mare.
Al nord, in Trentino, troviamo un'Oasi WWF particolare quella della Valsugana vicino a Levico Terme: qui lo scopo principale è la conservazione del Salice odoroso (Salix pentandra). Altre piante molto interessanti sono quelle legate ad ambienti palustri come la Castagna d'acqua (Trapa natans) e la pianta carnivora Utricularia (Utricularia australis), entrambe presenti nell'Oasi WWF del Lago di Chiusi e in pericolo di estinzione.
Centaurea scannensis; foto di http://www.actaplantarum.org


mercoledì 24 aprile 2013

Il pericoli che corrono i cetacei nel Mar Mediterraneo.

Venerdì 12 aprile a Villa Celestina c'è stata un'importante conferenza (dal ciclo 'Conferenze dal Mare' organizzato dal Museo di Scienze Naturali di Rosignano Solvay) sui problemi che riscontrano i cetacei in Mediterraneo.
La conferenza è stata tenuta da una docente tossicologa dell'Università di Siena, la Dottoressa Letizia Marsili; in base ai dati raccolti è stata fatta una comparazione sullo stato di salute fra la popolazione di cetacei del Mediterraneo e quella del Mar di Cortez in Messico.
Prima di parlare dei risultati è bene fare un'importante premessa: i cetacei sono al vertice della catena alimentare di tutti gli ecosistemi marini, pertanto vengono a contatto con la maggior parte delle sostanze dannose e non che circolano in mare. Non è finita qui, a differenza di altri predatori marini i cetacei immagazzinano tutte le sostanze nel grasso sottocutaneo che sviluppano per proteggersi dal freddo, per questo motivo il loro 'gradiente' di assorbimento è elevato.
Le campionature fatte sono state fatte in modo non dannoso per gli animali, tramite un bastone con un piccolo ago si preleva un piccolo campione di derma dall'animale mentre è nel suo ambiente naturale, senza provocare dolore (la sensazione per il cetaceo è come una puntura per le analisi del sangue per noi). Il campione è stato poi analizzato in laboratorio e si è notato che nel sistema adiposo c'erano dei residui di sostanze fortemente inquinanti come il DDT e il PCB; il danno che questi inquinanti fanno ai cetacei è ingente, abbassando le difese immunitarie degli individui permettono ai virus di compiere la loro 'missione' uccidendo l'animale: queste sono le principali cause di spiaggiamenti degli ultimi periodi nel Mar Tirreno.
Nelle cellule dei cetacei c'è un enzima immuno-soppressore che tiene alte le difese immunitarie; nei campioni presi nel Mar di Cortez il valore di concentrazione dell'enzima è molto più elevato dei campioni prelevati in Mediterraneo, dato che certifica una minor esposizione a sostanze inquinanti dei cetacei messicani, che, pertanto, sono in buono stato di salute.
Tutti questi studi mettono in evidenza il grado di inquinamento del Mar Mediterraneo, anche a causa di sostanze che erano considerate fuori uso; il Mare Nostrum a differenza degli Oceani è un mare chiuso, dove le uniche vie di ricambio d'acqua sono lo stretto di Gibilterra e il canale di Suez: il ciclo completo di ricambio d'acqua del Mediterraneo è di circa un secolo e le sostanze che circolano in acqua ci mettono tantissimo tempo ad essere evacuate.
Come se non bastasse ci sono altri pericoli per i cetacei e gli animali marini: ogni anno vengono gettate in mare tonnellate di rifiuti dalle barche, dagli scarichi e dai bagnanti; per lo più questi rifiuti sono plastica, materiale che ha una duplice funzione dannosa: porta a spasso, grazie alle correnti marine, tutte le sostanze inquinanti che incontra che trovano nella plastica un importante mezzo di trasporto, in più molti animali scambiano la plastica per cibo, come le tartarughe marine che scambiano i sacchetti di plastica per meduse (le loro prede preferite) morendo soffocate. Il problema della plastica è molto grande, addirittura negli Oceani sono presenti 'isole di plastica' grandi quanto l'intera Italia, non poco!
Altri problemi che gli animali marini possono riscontrare sono le reti da pesca non a norma e quindi illegali che fungono da prigione mortale; in Giappone (per fortuna non è il caso dell'Italia) ci sono le cosiddette mattanze dei delfini, in particolare globicefali che vengono uccisi con le accette e a bastonate, provocando grida strazianti degli animali, per scopi alimentari: oltre 2000 individui vengono sterminati in questo modo barbaro per preparare sushi e sashimi; in altre regioni asiatiche chi compie la maggior età deve uccidere un cetaceo per provare la sua virilità; nell'estremo nord del nostro emisfero i balenieri uccidono con arpioni (metodo illegale) circa 1400 balene all'anno (tutte specie protette e in pericolo di estinzione), anche in questo caso per scopi alimentari.
Da questi discorsi si capisce che i problemi per questi grandi rappresentanti del mare sono moltissimi e sono importanti gli studi che vengono fatti (sempre in modo non impattante e all'interno dell'habitat naturale) per monitorare lo stato di salute delle popolazioni e per progettare nuovi metodi di conservazione.
Foto di http://marinebio.org; Balenottera azzurra

martedì 23 aprile 2013

Cetacei del Mediterraneo


I cetacei viventi si dividono in due categorie, Misticeti e Odontoceti: i primi sono tutti quei cetacei di grandi dimensioni che come dentatura hanno i fanoni, ovvero delle 'setole' cornee che servono per filtrare le sostanze nutritive all'interno della bocca, in quanto cibandosi di plancton e piccoli crostacei come il krill hanno bisogno di un apparato che consenta di separare l'acqua dal cibo; gli odontoceti, invece, sono cetacei, lo dice il nome, che hanno i denti; questi animali sono comunemente i delfini, le orche e il capodoglio: dal momento che sono 'top predator' hanno un apparato dentario per cacciare, uccidere e dilaniare le prede, in genere i denti non cadono mai e restano per tutta la vita (a differenza di altri animali marini non hanno ricambi).
In Mediterraneo il più grande rappresentante è la Balenottera comune (Balaenoptera physalus), il secondo animale più grande della Terra secondo solo alla Balenottera azzurra (Balaenoptera musculus), non presente in Mediterraneo ma che è considerato l'animale più grande mai esistito sulla Terra, più grande persino dei dinosauri. Tornando alla Balenottera comune, è l'unico misticete del Mare Nostrum e può raggiungere i 26 m di lunghezza pesando dalle 30 alle 80 tonnellate; la si riconosce da lontano perché rispetto ad altri cetacei del Mediterraneo non tira mai fuori la coda dall'acqua e il suo soffio è a cono rovesciato alto 5-6 m, visibile a diversi km di distanza. Ultimamente sulle pagine dei giornali locali: questa, infatti, è la specie dell'individuo trovato spiaggiato qualche settimana fa a Rosignano Solvay.
Balenottera comune; foto di http://icestories.exploratorium.edu
Il secondo cetaceo (e animale) più grande del Mediterraneo è il Capodoglio (Physeter macrocephalus), l'odontocete più grande della Terra: può raggiungere i 18 m di lunghezza. Prende il nome da una grossa protuberanza sulla testa al cui interno si trova un organo particolare, lo spermacete, che produce un liquido la cui funzione ancora non è del tutto chiara, anche se delle ipotesi suggeriscono l'importanza del liquido durante le immersioni in profondità per far fronte alla grande pressione dell'acqua; gli inglesi chiamano erroneamente il Capodoglio Sperm whale, in quanto il liquido essendo bianco fu scambiato per sperma al momento della scoperta della specie. Purtroppo questo liquido è stata la causa per molti anni del pericolo di estinzione per questo animale: l'industria dei profumi lo considerava un ingrediente importante, ma per fortuna oggi la popolazione di Capodoglio nel mondo è in ripresa tant'è che nelle liste rosse della IUCN è passato da endangered a vulnerable. Questo odontocete ha i denti solamente sulla mandibola, mentre sulla mascella presenta dei fori dentro i quali si adagiano i denti quando la bocca è chiusa; è un fenomenale predatore che si ciba prevalentemente di calamari che cattura immergendosi a grandissime profondità (fino a 3km), rimanendo sotto per molto tempo (30-45 minuti).
A differenza della Balenottera comune questo cetaceo solleva la coda fuori dall'acqua e lo sfiato è arcuato, prendendo la direzione opposta alla rotta dell'animale.
Capodoglio; foto di http://img00.elicriso.it
Lo Zifio (Ziphius cavirostris), invece, è una specie alquanto bizzarra; molto raro, raggiunge i 6-7 m di lunghezza e le 2-3 tonnellate di peso e appartiene alla famiglia degli zifidi, cioè né una balena né un delfino, ma una categoria di cetacei a parte pur appartenendo al sottordine degli odontoceti.
Il rostro è molto piccolo e anche la pinna dorsale è poco sviluppata, è quasi del tutto privo di denti eccetto che nel maschio ci sono due denti che sporgono dalla mandibola, un pò come un vampiro. Il dimorfismo sessuale è molto marcato in questa specie, la femmina è molto più piccola del maschio; la colorazione va dal melone sulla testa bianco crema al resto del corpo che è grigio scuro. 
Non si conosce molto sulla biologia di questi animali, l'unica cosa che si può dire è che sono dei grandi migratori.
Zifio; foto di http://www.sailingissues.com
Un altro cetaceo molto strano è il Grampo (Grampus griseus), un odontocete privo di rostro di cui si conosce pochissimo. Arriva intorno al 4 m di lunghezza e può pesare sui 600-700 kg, la pinna dorsale è ben sviluppata anche se nelle femmine è molto più piccola (anche qui spiccato dimorfismo sessuale), la colorazione alla nascita è completamente grigio pulito, ma con il passare del tempo gli individui si ricoprono di graffi fino a che in vecchiaia sono completamente bianchi: non si conosce ancora la causa di questi graffi, se siano scontri tra maschi oppure graffi che si procura per una qualche ragione, fatto sta che non si conosce molto su questa specie.
Grampo; foto di http://www.delfinimetropolitani.it
Un cetaceo più comune in Mediterraneo è senz'altro il Globicefalo (Globicephala melas), un odontocete di circa 4-5 m di lunghezza e di 2,5 tonnellate di peso; si chiama così a causa della testa enorme, sulla quale presenta un grosso pallone che probabilmente gli serve per andare in profondità, infatti può raggiungere anche i 600 m in immersione, alla ricerca di prede. Il colore è marrone scuro e in proporzione al corpo ha un enorme pinna dorsale (anche qui le femmine hanno la pinna molto più piccola) a forma di falce. Non è raro vederli fermi immobili a gruppi (spesso moltissimi individui) che galleggiano, questo comportamento è ancora sconosciuto: si riposano o si fingono morti?
Globicefalo; foto di http://www.amicidellavela.it
Venendo ai delfini, quello più conosciuto dalle persone è il Tursiope (Tursiops truncatus), il classico delfino grigio che troviamo nel delfinari o nei parchi acquatici ad intrattenerci con le sue acrobazie; questo aspetto però non deve farci piacere, infatti viene catturato e sottratto al suo habitat naturale per fare cose contro natura: è la specie preferita dai parchi acquatici perché è molto socievole e ha un'incredibile muscolatura su tutto il corpo che gli consente di fare le acrobazie che spesso vediamo.
Viene spesso a contatto con l'uomo perché è una specie costiera, pertanto gli incontri con il Tursiope non sono rari; il maschio è poco più grande della femmina, in genere sono lunghi 3 m e pesano 300 kg, hanno una silhouette molto slanciata e possono raggiungere velocità incredibili (fino a 40-50 km/h).
Tursiope, foto di http://www.biolib.cz
Le altre due specie di delfino che si trovano in Mediterraneo sono la Stenella striata (Stenella coeruleoalba) e il Delfino comune (Delphinus delphis); entrambe queste specie sono pelagiche (vivono in mare aperto) e raggiungono i 2,5 m di lunghezza e i 150 kg di peso. 
La Stenella è molto slanciata, con un rostro affusolato e di colore scuro sul dorso e chiaro sui fianchi; sono animali molto giocherelloni e non è raro osservarli mentre 'cavalcano l'onda di prua' delle navi. Sono grandi migratori e percorrono distanze lunghissime in mare, spostandosi dai luoghi di svernamento ai luoghi di riproduzione. Negli ultimi tempi sono state trovate molte Stenelle spiaggiate sulle coste della Toscana.
Il Delfino comune, nonostante il nome, è il cetaceo più raro del Mediterraneo, tant'è che in alcune zone è già estinto, probabilmente in antichità era molto diffuso: infatti è il cetaceo più rappresentato nei dipinti greci ed egiziani; a differenza della Stenella, questo delfino presenta una clessidra grigio chiara sui fianchi, mentre è grigio scuro sul dorso, anch'esso è molto agile in acqua e raggiunge velocità molto elevate. 
Stenella striata; foto di http://www.lareinadeloceano.altervista.org
Delfino comune; foto di http://farm4.static.flickr.com

















venerdì 19 aprile 2013

Anche la natura ha un Principe azzurro

Il Principe belga Emmanuel de Merode nel 2007 è diventato Direttore del Parco Nazionale del Virunga, lasciando definitivamente le sue ricchezze reali in Belgio per dedicarsi esclusivamente alla natura di questi luoghi. Secondo Emmanuel, intervistato dalla rivista del WWF Panda "il Parco del Virunga è uno sguardo diretto nel cuore del pianeta", infatti in questi luoghi vivono gli ultimi rarissimi Gorilla di montagna, rimasti pochissimi ormai e in grave pericolo di estinzione; oltre ai gorilla vivono anche Scimpanzé, Ippopotami, Okapi, e migliaia di altre specie, facendolo il parco più ricco di biodiversità di tutto il continente africano.
Spegnendo le luci su queste meraviglie ecco che lo sguardo va diretto dentro ad un abisso: stupri e saccheggi, bambini soldato e profughi affamati, violenza e guerra, distruzione dell'ambiente a causa dell'estrazione del petrolio, bracconieri e commercio illegale di animali o parti di essi.
"Gestire un parco come quello del Virunga, è molto più che censire i gorilla e tenere i bracconieri fuori dai confini. Sei responsabile in quel territorio non solo di un patrimonio di natura, ma sei prima ancora responsabile delle 600 persone che ci lavorano e delle comunità che ci vivono. La loro vita proprio come quella dei gorilla, ti viene affidata in tutto e per tutto", questo è quello che racconta il Principe Emmanuel che è impegnato in moltissime battaglie oltre a quelle prettamente naturalistiche e conservazionistiche, come "curare chi è ammalato e sfamare chi è affamato. Devi costruire scuole e pronto soccorsi. Devi accudire per sempre i parenti di chi per quel parco ha dato la vita".
Diciamo quindi che il Parco Nazionale del Virunga ha trovato il suo Principe azzurro e che l'esempio di una delle persone più ricche d'Europa deve essere presodai governi, dalle multinazionali e dai ricconi che non fanno altro che speculare su questi luoghi.
foto di http://4.bp.blogspot.com

giovedì 18 aprile 2013

Biodiversità artica

Nella regione artica non ci sono solo orsi polari e trichechi, ma una biodiversità fuori dal comune.
Facendo un viaggio nelle regioni più settentrionali del nostro emisfero possiamo trovare specie di flora e fauna di assoluto interesse naturalistico e conservazionistico; partendo dalle coste della Groenlandia, è impensabile che in un ambiente così freddo si trovino delle fioriture bellissime di  Epilobio nano e di Campanula uniflora, mentre per quanto riguarda l'avifauna sono molto affascinanti le popolazioni di Zigolo delle nevi, Zigolo di Lapponia e il raro Organetto di Groenlandia. Spostandoci in Kamciatka, a sud dello stretto di Bering, possiamo trovare un tappeto lussureggiante di moltissime specie di licheni, la Betulla nana, l'Uva ursina e il Rovo, ovvero tutte piante che fanno parte della dieta di un importantissimo animale come l'Orso bruno, un bestione che arriva fino a 600 kg di peso e che non si ciba solo di carne. Altre piante che costituiscono delle risorse alimentari importanti di questo grande plantigrade sono il Mirtillo nero, il Mirtillo rosso, il Corniolo nano e la Lonicera kamciacticka.
Passando alla Terra di Labrador in Canada è possibile incontrare dei rapaci notturni come la Civetta delle nevi (presente in tutta la parte settentrionale dell'emisfero boreale) oppure dei passeriformi come la Zenoctrichia leucophrys e il Fanello nordico.
Un luogo veramente suggestivo sono, invece, le isole Svalbard che si trovano a pochi km dal Polo Nord ma è reso vivibile, in senso di temperatura, dal "baffo" più settentrionale della corrente del Golfo; qui è possibile trovare oltre a orsi polari e trichechi, specie floristiche che si incontrano anche sulle nostre Alpi: la Silene wahlbergella o la Silene acualis.
Da quello che si può notare, la parte settentrionale dell'emisfero boreale non è solo freddo e rigidità, ma anche tanta vita da scoprire e tanti fenomeni incredibili come l'aurora boreale che, a detta di tutti coloro che l'hanno vista, è uno degli spettacoli più belli al mondo.
Zigolo delle nevi; foto di http://img.fotocommunity.com


lunedì 15 aprile 2013

La decadenza del Re Ghiaccio

Se parliamo di artico e di ghiacci chiudendo gli occhi ci viene in mente un animale in particolare. l'Orso polare (Ursus maritimus). Questo plantigrade è il carnivoro terrestre più grande della Terra e il top predator del più grande territorio ancora selvaggio del nostro pianeta, allo stesso tempo però è l'ecosistema più complesso e cruciale per la nostra esistenza sulla Terra.
L'Artico è l'area geografica terrestre che risente di più dei cambiamenti climatici: l'epicentro dell'aumento delle temperature è proprio in questo luogo, le conseguenze sono già ben visibili e l'Orso polare è la vittima designata.
Gli orsi dipendono in modo indissolubile dai ghiacci artici, da questi dipende l'alimentazione (un orso polare adulto ha bisogno di circa 2 kg di grasso di foca al giorno), la riproduzione e la vita dei cuccioli.
Durante l'estate gli orsi devono approfittare per accumulare grasso per l'inverno e più la banchisa si restringe più sono costretti a straordinari, come nuotare per centinaia di km alla ricerca di altri ghiacci dove cacciare; molto spesso si tratta di madri con i cuccioli che rischiano di morire per la fatica e per la difficoltà; senza contare il fatto che il restringimento dei ghiacci costringe gli orsi verso territori antropizzati, favorendo così il contatto fra l'uomo e questo grande carnivoro: il rischio di abbattimento a fucilate per paura, difesa e ignoranza è alto.
Rispetto al 1979 i ghiacciai artici si sono ridotti del 40% e proprio nell'ultimo decennio la banchisa raggiunge i minimi storici con una perdita di 1,35 milioni di km quadrati. Il riscaldamento globale sta letteralmente fondendo l'habitat dell'Orso polare e come se non bastasse le fusione dei ghiacci offre all'industria petrolifera nuove e ghiotte opportunità di scavo in luoghi prima inaccessibili che non esitano a sfruttare.
La speranza è che le associazioni ambientaliste convincano i governi a fare qualcosa il prima possibile e che il buonsenso dei grandi imprenditori petroliferi abbia la meglio sulla speculazione.
Foto di http://www.improntaunika.it

giovedì 11 aprile 2013

Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena: specie rare ed endemismi

L'Arcipelago di La Maddalena è considerato un Sic (Sito di importanza comunitaria) secondo la Direttiva Habitat 92/43 CE in quanto è caratterizzato dalla presenza di oltre 700 specie vegetali (circa 1/3 della flora sarda), oltre 50 endemismi (1/4 di quella complessiva della Sardegna), numerose altre specie rare di interesse botanico e moltissimi habitat di interesse comunitario.
L'Arcipelago in sé è un'area particolare: fortemente condizionata dal vento, dall'insolazione, dall'aridità e dalla povertà dei suoli; proprio per questo possiamo trovare un tipo di flora molto specializzato, pertanto è forte la componente endemica e rara. Spesso troviamo anche associazioni vegetali più comuni ma ben rappresentate e in condizioni di massima evoluzione, come nel caso delle formazioni ad Artemisia densiflora a Razzoli o nel caso di Juniperus phoenicea nelle isole di Spargi, Caprera, Budelli, Santa Maria e La Maddalena: le condizioni di estensione e di evoluzione di queste specie non si trovano in nessun altra area del Mediterraneo.
Importante è anche il contingente endemico: Silene velutina, Colchicum corsicum, Helycodiceros muscivorus, Cynomorium coccineum, Armenia pungens (queste ultime due di interesse prioritario) e alcune specie endemiche del genere Limonium.
Cynomorium coccineum; foto di http://upload.wikimedia.org

mercoledì 10 aprile 2013

Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena: cetacei e altri abitanti del mare

Il Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena si trova all'interno del territorio delle Bocche di Bonifacio, area insita nel Santuario dei Cetacei. Sono tante le specie di mammiferi marini che transitano nel territorio del Parco, per esempio è possibile avvistare la Balenottera comune (Balaenoptera physalus), specie molto diffusa nel Mar Mediterraneo (un individuo di Balenottera comune è stato trovato spiaggiato di recente sulla spiaggia dello Scoglietto di Rosignano Solvay); non è raro trovare in transito esemplari di Capodoglio (Physester catodon), specie facente parte del sottordine degli Odontoceti e considerato il rappresentante più grande di questo gruppo (oltre al Capodoglio della categoria fanno parte anche orche e delfini); rimanendo sempre nell'ambito degli Odontoceti sono molte le specie di delfini presenti nel territorio del Parco come il più diffuso Tursiope (Tursiops truncatus), la Stenella (Stenella coeruleoalba) e il Delfino comune (Delphinus delphis).
Passando ai rettili durante la migrazione del krill (piccoli crostacei pelagici), che transita in alcuni periodi dell'anno nel territorio dell'Arcipelago di La Maddalena è possibile avvistare la Tartaruga marina (Caretta caretta) che segue i crostacei per cibarsene: non è raro osservarla mentre si riposa sulla superficie dell'acqua.
Facendo immersioni vicino alle coste o là dove c'è una foresta di Posidonia è possibile fare avvistamenti interessanti come per esempio la Cernia bruna (Epinephelus marginatus) e la Corvina (Sciaena umbra); per quanto riguarda gli squali è possibile avvistare durante delle escursioni in barca il gigantesco Squalo elefante (Cetorhinus maximus) il più grande pesce della Terra insieme allo Squalo balena; immergendosi vicino alla riva, soprattutto su fondali sabbiosi è possibile osservare un altro tipo di pesce cartilagineo facente parte della sottoclasse degli Elasmobranchi (le razze): il Trigone viola (Pteroplatytrygon violacea); un altro tipo di squalo molto comune soprattutto nascosto nelle foreste di Posidonia e di abitudini notturne è lo Squalo nutrice (Ginglymostoma cirratum).
Per quanto riguarda i molluschi, ci sono due specie di dimensioni notevoli e protette da convenzioni e direttive internazionali: la Nacchera (Pinna nobilis) e la Patella ferruginea.
Quindi una biodiversità marina notevole per il Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena che offre progetti di conservazione e tutela importanti per preservarla.
Balenottera comune; foto di http://icestories.exploratorium.edu


lunedì 8 aprile 2013

La Posidonia del Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena

Chi dice che non esistono fanerogame (piante vascolari) in mare si sbaglia di grosso perché la Posidonia (Posidonia oceanica) è una delle quattro viventi nel Mar Mediterraneo, insieme alla Cymodocea nodosa, alla Zostera noltii e alla Zostera marina.
Questa specie ha un'importanza fondamentale per l'ecosistema marino: forma delle colonie su substrati sabbiosi o melmosi che rappresentano il climax (stadio finale) dei fondali marini mediterranei. E' riconosciuta come l'endemismo più tipico del Mediterraneo ed è oggetto di notevole interesse conservazionistico in quanto negli ultimi anni è risultata in regresso.
La Posidonia presenta un complesso rizomatoso che esercita un'azione di fossazione del fondale, nel senso che contribuisce allo smorzamento idrodinamico delle correnti e del moto ondoso; inoltre, è stato certificato che là dove è stata distrutta si è incrementato il processo di erosione dei litorali sabbiosi: in molti casi ha determinato un arretramento della linea di costa di circa 20 metri.
Un altro aspetto della presenza di Posidonia è la qualità dell'ecosistema marino: nell'area del Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena è stato osservato che con la presenza di questa specie l'acqua è più trasparente e pulita.
Le foreste di Posidonia formano anche un habitat indispensabile per moltissime specie di invertebrati e vertebrati marini; per alcune specie di molluschi cefalopodi e di pesci importanti per l'economia umana, questo habitat offre un rifugio importantissimo; pochi, invece, sono gli organismi che si cibano delle foglie di Posidonia, in quanto sono composte da sostanze chimiche per molti indigeribili, ma esistono degli organismi che dipendono da esse come per esempio la specie di riccio di mare Paracentrotus lividus o il pesce Sarpa salpa; infine i residui disgregati di Posidonia sono fonte di alimento per molti organismi detritivori.
Queste considerazioni mettono in evidenza l'importanza di questa specie e delle associazioni fitologiche che forma sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista biologico.
Il Parco sta portando avanti degli studi e dei progetti di conservazione importanti per salvaguardare la Posidonia.

sabato 6 aprile 2013

Intervista al Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena


Per cominciare un accenno di storia del Parco

Il Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena è il primo Parco Nazionale della Sardegna, l'unico in Italia costituito da tutto il territorio di un solo comune. E' stato istituito con la legge n.10 del 4 gennaio 1994; il suo Ente gestore e le relative norme di salvaguardia, attualmente vigenti, sono stati istituiti con Decreto del Presidente della Repubblica del 17 Maggio 1996.
È un parco geomarino che si estende su una superficie - tra terra e mare - di circa 18.000 ettari (5.134 ettari di superficie terrestre e 13.000 ettari di superficie marina) e 180 chilometri di coste. Il Parco Nazionale comprende tutta l'area marina dell'Arcipelago di La Maddalena e include anche quella terrestre, ovvero tutte le isole e gli isolotti appartenenti al territorio del Comune di La Maddalena.
Il Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena rappresenta anche una parte significativa del territorio dello Stato italiano e della Sardegna nell'istituendo Parco marino internazionale delle Bocche di Bonifacio, per la cui realizzazione l'Ente Parco coopera da circa dieci anni con gli organismi corsi preposti alla tutela dell'ambiente.
Il Parco Nazionale è stato istituito - secondo quanto previsto per le regioni a statuto speciale dalla legge quadro sulle aree protette - sulla base di un intesa Stato-Regione Sardegna che prevede interventi significativi di tutela e di valorizzazione che coinvolgono la popolazione interessata e che, allo stesso tempo, consentono la fruibilità delle risorse ambientali, storico-culturali e mantengono in vita le consuetudini, gli usi civici e il modello di vita della popolazione residente nell'Arcipelago.
Un accenno di storia. La nascita dell’Arcipelago: Una piccola colonia di pastori provenienti dalla vicina Corsica, a partire dalla metà del seicento, prende possesso dell'arcipelago e, soprattutto, dell'isola madre.
Le isole erano disabitate: le uniche probabili presenze sull'isola maggiore furono delle stazioni militari romane e, a Santa Maria, a metà del duecento, un convento di monaci. Le isole intermedie erano frequentate dai pirati barbareschi per le loro scorribande, ma non furono mai abitate finchè gruppi di pastori corsi decisero di porre fine alla loro condizione di transumanti, fermandosi nell'isola maggiore, ponendo le basi per la nascita della comunità di La Maddalena.
In un mare tra i più seducenti del mondo sono disseminate le isole dell'Arcipelago.
Questo territorio ha avuto piena consacrazione da importanti scrittori, da autori cinematografici e da grandi protagonisti della storia, che hanno lasciato la loro impronta indelebile su queste isole.

Nel corso delle nostre puntate abbiamo spesso trattato di Parchi Naturali terrestri e delle loro problematiche di gestione. E’ la prima volta che trattiamo di un Parco Nazionale Geomarino, che tipo di differenze ci sono soprattutto nella gestione e conservazione delle aree di mare del vostro territorio?

Il Parco Nazionale comprende tutta l'area marina dell'Arcipelago di La Maddalena e include anche quella terrestre, ovvero tutte le isole e gli isolotti appartenenti al territorio del Comune di La Maddalena.
Costituito da oltre 60 isole e isolotti di natura granitica e scistosa, l’Arcipelago rappresenta un complesso strettamente interdipendente di mare e terra e costituisce uno dei paesaggi considerati tra i più suggestivi del mondo per morfologie, paesaggio vegetale, mare e biocenosi marine, anche a ragione della sua collocazione geografica nello stretto di Bonifacio, punto di divisione e raccordo del più vasto sistema insulare sardo-corso. La geomorfologia del territorio è caratterizzata da rocce di natura granitica, le cui forme costituiscono veri e propri monumenti naturali.
In gran parte del mondo le isole minori con clima favorevole hanno subito negli ultimi decenni una marcata trasformazione per effetto del turismo a cui si è aggiunto il degrado degli ecosistemi naturali, ma l’Arcipelago di La Maddalena - ad eccezione dell'isola principale, sede dell’omonima città e centro del quarto comune più popoloso della Provincia di Olbia-Tempio (11.870 residenti; dati: Istat 30/04/2011) - costituisce un’eccezione perché ha conservato una sostanziale condizione di naturalità sia in contesto terrestre (Spargi, Budelli, Razzoli, Spargiotto, Barrettini, Mortorio e Nibani) sia in ambito marino e costituisce un positivo esempio di tutela del sistema costiero.
Oltre all'isola di La Maddalena dove sorge la città omonima, e il borgo di Stagnali a Caprera, e una ventina di abitazioni in una ristretta area di Santa Maria ma abitate solo nel periodo estivo, l’Arcipelago è del tutto disabitato, e ha conservato fondamentalmente l'assetto risalente a oltre due secoli or sono, come testimoniato dal Portolano dell'Albini dell'inizio del XIX secolo.
La differenza sta nel fatto che il Parco tutela, in base alla legge istitutiva dei Parchi, la 394 del 6 dicembre 1991 sia le parti a mare che quelle a terra. In particolare le Misure di salvaguardia contenute nel D.P.R. 17 maggio 1996, suddividono il territorio in varie aree (c.d. "zonizzazione" o "zonazione"), le quali hanno lo scopo di tutelare le specie vegetali e animali, e più in generale mantenere il patrimonio complessivo della biodiversità delle piccole isole attraverso il coinvolgimento di istituzioni e organizzazioni non governative che si occupano della tutela dell'ambiente.
Le norme di salvaguardia ambientale e la regolamentazione di alcune tipologie di attività nautiche nell'area marina del Parco hanno rappresentato un elemento fortemente innovativo per un territorio particolare come l'Arcipelago di La Maddalena, che, per oltre un trentennio, soprattutto nei mesi estivi, ha subito uno sfruttamento indiscriminato e senza regole.
Link di riferimento: http://www.lamaddalenapark.it/ente-parco/misure-di-salvaguardia
La quasi totalità dell'estensione del Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena è un sito di interesse comunitario (SIC) secondo la Direttiva Habitat 92/43 CE ed è caratterizzato dalla presenza di oltre 700 entità vegetali, che rappresentano un terzo della flora sarda e con più di 50 specie endemiche che rappresentano il 25% di quella complessiva della Sardegna e numerose altre specie rare e di interesse fitogeografico, nonché numerosi habitat di importanza comunitaria.
Il paesaggio vegetale delle isole è fortemente condizionato dal fattore vento, insolazione aridità e povertà dei suoli, dal gradiente altitudine nonché dalla distanza dalla terraferma.
Le principali formazioni vegetali sono quelle tipiche della fascia costiera mediterranea: è presente una macchia dominata da ginepro, corbezzolo, fillirea, lentisco, mirto, erica, calicotome, cisto ed euforbia; verso la costa la vegetazione degrada dalla macchia più bassa alla gariga dove, tra le fitocenosi più caratteristiche, occorre menzionare quelle alofile. Le superfici sabbiose e i luoghi più o meno salsi consentono la presenza di formazioni di alimieti, salicomieti e di vegetazione psammofila.

Parlando di Mar Mediterraneo vengono in mente alcune vicende che non possono lasciare indifferenti, una su tutte è la pesca illegale e invasiva, come viene combattuta dal Parco?

La pesca illegale e invasiva viene combattuta dal Parco attraverso gli Enti competenti per la tutela del territorio a terra e a mare ( Capitaneria, CFVA, Corpo di vigilanza ambientale regionale).
Di recente istituzione anche il CTA, preposto allo svolgimento dei compiti di sorveglianza e custodia del patrimonio naturale dell’area protetta e ad assicurare il rispetto del Regolamento e del Piano del parco, attualmente in fase di stesura, nonché delle Ordinanze dell’Ente Parco; l’Ente Parco è così assistito nell’espletamento delle attività necessaria alla conservazione ed alla valorizzazione del patrimonio naturale e nello svolgimento delle attività di conservazione connesse con le proprie finalità istitutive.
Altre info sul piano operativo 2013 del CTA:
 http://www.lamaddalenapark.it/comunicati-stampa/2013-03-01/c-t-a-sottoscritto-il-piano-operativo-2013
Una settimana fa circa c’è stato proprio un intervento della Capitaneria in merito alla pesca illegale dei ricci nell’Arcipelago, ti allego il comunicato.
http://www.lamaddalenapark.it/comunicati-stampa/2013-03-14/pesca-dei-ricci-in-zona-vietata-i-ringraziamenti-del-presidente-al-personale-della-capitaneria

Il Parco Nazionale dell’Arcipelago della Maddalena dà molta importanza agli squali: quali specie troviamo nel territorio? In cosa consiste il progetto SHARKLIFE? 

PROGETTO SHARKLIFE (LIFE10 NAT/IT/000271) - Azioni urgenti per la conservazione dei pesci cartilaginei in Italia.
Secondo uno studio della IUNC (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) nel Mediterraneo sono presenti circa 80 specie diverse di pesci cartilaginei e l’Italia in particolare, grazie alla  sua posizione strategica, ospita 43 specie di squali. Purtroppo, il nostro paese detiene anche il primato, tutto negativo, di avere la più alta percentuale di squali e razze minacciate al mondo. SHARKLIFE, il primo maxi-progetto europeo dedicato alla conservazione degli squali, intende proporre azioni concrete per la salvaguardia di questi animali puntando alla riduzione della mortalità causata dalla pesca professionale e sportiva.
Il progetto che è stato reso possibile grazie ai fondi europei del programma Life+ e da altri co-finanziatori, come il Ministero dell'Ambiente, il Parco Nazionale dell'Asinara e la Provincia di Reggio Calabria, e coinvolge, accanto a CTS, i seguenti partner: Agci-Agrital, Fipsas (Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquee), Cibm di Livorno (Consorzio per il Centro Interuniversitario di Biologia Marina), Fondazione Cetacea, Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena e Area Marina Protetta delle Isole Pelagie.
Per raggiungere l’obiettivo di salvaguardia degli squali, sono previste attività di diverso tipo. Alcune sono azioni concrete di conservazione, come ad esempio la promozione dell’uso degli ami circolari, che sono dispositivi di pesca a basso impatto per i trigoni viola; lo sviluppo di un sistema per ridurre la mortalità di squali elefante e di altre grandi specie marine protette catturate accidentalmente nelle reti da posta e l’implementazione della politica di “tag and release” per i tornei di pesca sportiva, il tutto principalmente attraverso il coinvolgimento di pescatori sportivi e professionisti. Altre azioni sono mirate invece ad aumentare la sensibilità e la consapevolezza da parte del pubblico riguardo l’importanza degli squali per gli ecosistemi marini, e questo verrà fatto attraverso la formazione (seminari e workshop) e l’uso di diversi strumenti di comunicazione, tra cui  una mostra itinerante, il sito web e degli opuscoli informativi, realizzati ad hoc per i diversi target. Il complesso delle azioni messe in atto dal progetto, che durerà oltre tre anni, mira a proteggere gli squali e le altre specie cartilaginee e a cancellare dall’immaginario collettivo l’idea degli squali visti come “macchine mangiatrici di uomini” alimentata da tanti libri e film commerciali.
In particolare l’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena sarà responsabile dell’Azione C.2, con la quale verrà sviluppato un sistema innovativo per la riduzione delle catture accidentali di squalo elefante e altri grandi pelagici, in collaborazione con i pescatori della marineria di Porto Torres e La Maddalena.
Attraverso l’attuazione di tutte le azioni previste dal progetto SHARKLIFE si intendono raggiungere i seguenti risultati:

1) la riduzione della cattura del trigone viola, Pteroplatytrygon violacea, dell’80%, attraverso l’uso degli “ami circolari”;

2) la riduzione del 100% della pesca agli elasmobranchi durante le competizioni nazionali di pesca sportiva, attraverso l’adozione del sistema “tag and release”;

3) una sensibile diminuzione della cattura di diverse specie di elasmobranchi durante la pesca professionale grazie a nuovi dispositivi di pesca;

4) l’adozione di uno specifico piano di azione per la conservazione degli elasmobranchi da parte delle autorità interessate;

5) lo sviluppo di un sistema innovativo per la riduzione delle catture accidentali dello squalo elefante e di altre grandi specie marine protette;

6) una maggiore collaborazione tra pescatori e popolazione locale sulle politiche di conservazione e l’uso sostenibile delle risorse marine;

7) una maggiore sensibilità del pubblico sui temi della biodiversità.

Occupiamoci di avifauna, che specie troviamo nel Parco e che progetti di tutela ci sono in particolare per i siti di nidificazione?

Gli uccelli marini nidificanti nell'Arcipelago di La Maddalena sono tra gli elementi più caratterizzanti del Parco Nazionale e la loro conservazione e gestione entra nelle finalità istituzionali dell'area protetta.
I primi censimenti sistematici effettuati nell'Arcipelago risalgono al 1978-80 e si riferiscono al "Progetto Gabbiano corso" del IUCN/WWF Internazionale nel cui ambito sono state raccolte anche informazioni su altre specie di uccelli marini (Schenk, 1979; Schenk & Meschini, 1986).
Successivamente sono stati realizzati censimenti completi o parziali da parte di ricercatori italiani, tedeschi e, soprattutto, francesi i cui risultati sono stati pubblicati soltanto in parte (Thibault et al., 1988; 1989; Schenk & Torre, 1986; 1988). Tutti i dati disponibili relativi al decennio 1985-94 sono affluiti nello studio sul "Parco Marino Internazionale Sardegna Corsica" che individua anche le aree di particolare importanza per l'avifauna nidificante.
Meritano un cenno particolare le ricerche del prematuramente scomparso Giovanni Cesaraccio, sintetizzate nell' Avifauna dell'Arcipelago di La Maddalena (Cesaraccio, senza anno) e, in parte, nell' Atlante degli uccelli nidificanti in Italia (Meschini & Frugis, 1993).
Nel 1998 è stato realizzato da parte di MEDMARAVIS e dell'ICRAM un "Rapporto sull'avifauna marina nidificante Parco Nazionale dell'Asinara, Parco Nazionale dell'Arcipelago della Maddalena" che analizza la bibliografia esistente e contiene i risultati della ricerca sul campo, iniziata nella seconda metà di giugno, relativamente a Berta maggiore, Berta minore, Uccello delle tempeste, Marangone dal ciuffo, Gabbiano corso e Sterna comune, di cui è stata documentata la riproduzione nel 1998 di Calonectris diomedea, Phalacrocorax aristotelis desmarestii, Larus audouinii e Sterna hirundo.
Ad esclusione del Gabbiano reale, tutte le altre specie godono della particolare protezione della Direttiva "Uccelli selvatici" (79/409), della normativa nazionale (legge n. 157/1992) e regionale (L.R. n. 23/1998). La sottospecie mediterranea del Marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis desmarestii) e il Gabbiano corso (Larus audouinii) figurano inoltre nella "Lista delle specie di uccelli della Direttiva 79/409 considerate come "prioritarie per un cofinanziamento a titolo di Life".
Il Gabbiano corso, unica specie di gabbiano endemico del Mediterraneo, è tuttora inserito nel Red Data Book dell'IUCN come specie "a più basso rischio e dipendente da interventi conservazionistici" a livello mondiale (Lower Risk, conservation dependent).
Nell'ambito del presente lavoro, promosso dal Parco nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena, si presenta una sintesi delle conoscenze attuali, relative all'ultimo decennio, con particolare riferimento al periodo 1999-2001, sullo status faunistico di Berta maggiore (Calonectris diomedea), Berta minore mediterranea (Puffinus yelkouan), Uccello delle tempeste mediterraneo (Hydrobates pelagicus melitensis), Marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis desmarestii), Gabbiano reale mediterraneo (Larus cachinnans), Gabbiano corso (Larus audouinii) e Sterna comune (Sterna hirundo), basata su una critica valutazione della bibliografia specifica e su rilevamenti effettuati per conto del Parco nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena durante i cicli riproduttivi del periodo 1999 - 2001 (Fozzi et al., 2000 e dati inediti del Parco nazionale, Comitato Tecnico-Scientifico).
 Va precisato che per la grande importanza che le specie di uccelli marini nidificanti nell'Arcipelago rivestono, occorre un loro monitoraggio annuale, con particolare attenzione alle specie di interesse conservazionistico europeo e "prioritarie per un un cofinanziamento a titolo di LIFE (Comitato Ornis 26/4/1996 e 20/5/1997): Larus audouinii e Phalacrocorax aristotelis desmarestii.
Di seguito vengono sinteticamente esposti i principali dati sulla consistenza numerica complessiva delle singole specie censite nell'area del Parco nazionale, sulla loro importanza nel contesto mediterraneo/europeo, nazionale e regionale, sul loro status legale e di conservazione a livello globale (MON), europeo (EUR), nazionale (IT) e regionale (SAR), utilizzando i nuovi criteri dell'IUCN.
Per ogni specie vengono inoltre indicati i principali fattori di minaccia attuale:

Berta minore mediterranea (Puffinus yelkouan)

Berta maggiore (Calonectris diomedea)

Uccello delle tempeste (Hydrobates pelagicus melitensis)

Marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis desmarestii)

Gabbiano corso (Larus audouinii)

Sterna comune (Sterna hirundo)

Progetto monitoraggio avifauna:
Concluse le attività relative al monitoraggio dell’avifauna migratrice in passaggio nel territorio del Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena per il periodo compreso tra il 20 Gennaio 2012 e il 3 Dicembre dello stesso anno. Nel corso della stagione di campionatura, sono stati catturati e inanellati 3990 esemplari appartenenti a 53 diverse specie. Le catture hanno riguardato 13 specie non passeriformi e 40 passeriformi (rispettivamente 122 e 3868 individui), il lavoro è stato realizzato per conto dell’Ente Parco dalla Società Anthus di Sergio Nissardi e Carla Zucca, professionisti appositamente accreditati presso l’ISPRA “Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale” del Ministero dell’Ambiente. A questo si aggiunge il monitoraggio del marangone dal ciuffo e del gabbiano corso. Tutte le operazioni sono state condotte in collaborazione con il personale dell’Ufficio Ambiente dell’Ente Parco
 I buoni risultati ottenuti evidenziano che il sito del Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena è fra quelli idonei a far parte di una rete regionale per l’osservazione dell’avifauna, in grado di fornire dati utili a una pianificazione coerente con la “Direttiva uccelli” dell’Unione europea. Tra le specie più catturate: il Pettirosso, la Capinera, il Beccafico e il Lui grosso. Da segnalare due particolari catture: quella di un regolo e quella di una ghiandaia marina la cui presenza è rara nel territorio del Parco. Le attività dei ricercatori effettuate nel periodo riproduttivo mostrano due picchi di cattura in particolare intorno alla metà di aprile e alla metà di luglio. Nel periodo post riproduttivo è verificabile invece un picco più modesto nella prima decade di ottobre e uno più consistente alla fine dello stesso mese.  Le attività di inanellamento sono state eseguite in primavera in collaborazione con alcune classi delle scuole di La Maddalena nell’ambito dell’offerta di educazione ambientale proposta dal Parco.
Il personale dell’Ufficio ambiente dell’Ente Parco ha partecipato attivamente alla campagna di censimento e inanellamento del Marangone dal ciuffo, accompagnando i ricercatori in prossimità dei nidi e contribuendo al rilevamento dei dati. La presenza di insediamenti riproduttivi è stata accertata in  21 siti del Parco, dove sono stati rilevati  545 nidi; oltre gli adulti sono stati inanellati 64 pulcini in nove delle isole occupate. Le osservazioni hanno evidenziato spostamenti post riproduttivi anche rilevanti: un adulto inanellato all’Isola del Porco (Isola di Caprera) è stato fotografato dopo otto mesi presso la costa ligure occidentale. I dati forniti dal rilevamento confermano il territorio del Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena tra i più rilevanti rispetto alla popolazione mondiale di marangone dal ciuffo. Tra i fattori limitanti per la colonia sono stati individuati: la rigidità del clima, che condiziona il successo riproduttivo della specie, e la pesca con tramagli in prossimità del sito di riproduzione.
L’Arcipelago si conferma un’area chiave anche per la conservazione del Gabbiano corso. Dai ricercatori è stata censita una colonia di 65 individui sull’Isola di Razzoli rilevata a partire dalla seconda metà di maggio. La colonia di Santo Stefano, segnalata nel corso dell’annualità precedente, non si è insediata nel 2012. Al buon successo riproduttivo della colonia ha contribuito verosimilmente il divieto di ormeggio e sbarco sul sito, emanato con tempestività dall’Ente Parco.
Per tutte le persone interessate ad approfondire la ricerca, nel corso delle prossime settimane il lavoro svolto sarà presentato dagli operatori presso il CEA Centro di Educazione Ambientale del Parco a Stagnali, verrà data adeguata comunicazione dell’appuntamento.
I risultati saranno presentati il 23 maggio nel corso della settimana europea dei parchi, dal 20 al 25 maggio. ( se ti servono maggiori informazioni su questo mega evento ci possiamo risentire).

Sempre a proposito di vegetazione, in un ecosistema mediterraneo è importante la macchia mediterranea a tutti i suoi stadi; quali stadi di macchia mediterranea ci sono nel Parco e come viene conservata questo tipo di vegetazione, in relazione alle problematiche che in genere sorgono come per esempio gli incendi.

Nel Parco Nazionale sono presenti due livelli di macchia bassa caratterizzata dal cisteto e macchia alta identificabile con l’ericeto – con corbezzolo e  filirea. Il primo caso in genere è riconducibile a sistemi degradati a seguito di incendi per i quali l’Ente Parco sta predisponendo interventi di rimboschimento. Nel secondo caso abbiamo in genere una propensione del sistema alla rinaturalizzazione spontanea verso la lecceta, pertanto l’Ente sta attuando tecniche selvicolturali che assecondano queste dinamiche.

 Ultima domanda: come è possibile visitare il Parco? Ci sono iniziative particolari aperte al pubblico durante l’anno?

Il parco è sempre visitabile, ovviamente chiunque può venire a La Maddalena, percorrere i nostri sentieri durante la primavera e l’autunno ma anche d’inverno, se questo non è troppo rigido e , ovviamente d’estate quando l’Arcipelago è affollato dai turisti.

Le prossime iniziative in fase di programmazione si terranno a maggio. La settimana europea dei Parchi, infatti, vedrà l’Ente impegnato in una serie di eventi che si terranno dal 20 al 25 maggio in occasione della settimana europea dei Parchi.
Una serie di iniziative che mirano a promuovere i lavori scientifici svolti dal Parco nel corso dell’anno ma anche promozione del territorio.

Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena

Il Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena è un parco geomarino di circa 18.000 ettari di territorio (5.134 di superficie terrestre e 13.000 di superficie marina) con oltre 180 km di coste. E' il primo Parco Nazionale della Sardegna, l'unico costituito da un territorio appartenente ad un unico comune, ovvero La Maddalena: è stato istituito con la legge n.10 il 4 gennaio del 1994 e successivamente il 17 maggio 1996 il suo Ente gestore e le norme di salvaguardia sono stati redatti con Decreto del Presidente della Repubblica.
Il territorio del Parco comprende una quantità incredibile di ecosistemi, da quello costiero a quello marino fino ad arrivare alla macchia mediterranea. La quantità di biodiversità è notevole sia dal punto di vista della flora sia dal punto di vista della fauna: importantissime le foreste di Posidonia che formano un habitat fondamentale per numerose specie animali e vegetali, numerosi endemismi floreali fra cui molte specie psammofile, di notevole interesse anche la quantità di specie di avifauna marina con il Gabbiano corso (Ichthyaetus auduinii) e il Marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis) a fare da padroni, mentre in mare sono numerose le specie di squali (per i quali è attivo un progetto di conservazione ad hoc) e mammiferi marini da poter avvistare.
Foto di http://img00.elicriso.it