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domenica 25 agosto 2013

Rapporto del WWF su Parco Nazionale del Virunga!!!

Il più antico parco nazionale africano potrebbe valere 1,1 miliardi di dollari all'anno se venisse sfruttato in modo sostenibile, piuttosto che essere dedicato all'estrazione di petrolio potenzialmente dannoso. 
E’ quanto emerge da un rapporto pubblicato dal WWF.

Il Parco Nazionale di Virunga ha la potenzialità di generare 45.000 posti di lavoro a tempo indeterminato attraverso gli investimenti in energia idroelettrica, l'industria della pesca e dell'ecoturismo, secondo l'analisi condotta da Dalberg Global Advisors Sviluppo, una società di consulenza indipendente.

Il dossier WWF “THE ECONOMIC VALUE OF VIRUNGA NATIONAL PARK - valore economico del Parco Nazionale Virunga”  informa che lo sfruttamento delle concessioni petrolifere, che sono state allocate sull’85%  della  proprietà del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, porterebbero inquinamento, instabilità e disoccupazione.
"Il Virunga rappresenta una risorsa preziosa per la Repubblica Democratica del Congo e contribuisce al patrimonio dell'Africa come parco più antico e più ricco di biodiversità del continente", si legge nel rapporto. "I piani di esplorazione e di sfruttamento delle riserve petrolifere mettono il valore del Virunga a serio rischio".
Nel mese di giugno, il Comitato UNESCO dei Siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità ha chiesto l'annullamento di tutti i permessi di esplorazione di petrolio nel Virunga e si è appellato ai titolari delle concessioni come la Total SA e la Soco International PLC affinché non avviino l'esplorazione nei luoghi Patrimonio Mondiale dell'Umanità. 
La Total si è impegnata a rispettare l’attuale confine del Virunga, lasciando la britannica Soco come unica compagnia petrolifera con piani di esplorazione petrolifera all’interno del parco.

"Le ricche risorse naturali del Virunga devono essere a disposizione del popolo congolese, e non rapinate dalle multinazionali e dai  cercatori di petrolio stranieri", ha detto Isabella Pratesi Direttrice del Programma Conservazione WWF Italia. "Il futuro e il riscatto di questo Paese che è stato teatro di uno dei conflitti più drammatici degli ultimi decenni con più di 4 milioni di morti dipende dallo sviluppo economico sostenibile e duraturo alimentato dalle proprie risorse naturali. Le  condizioni di vita di oltre 50.000 persone dipendono dalla conservazione e dall’economia verde creata dal Parco . 

L'estrazione di petrolio in quest’area potrebbe avere conseguenze devastanti per le comunità locali che si basano sul Virunga per le risorse generate dal turismo, la pesca, l'acqua potabile e l’utilizzo delle altre risorse naturali ".

Il dossier è stato presentato dal WWF Italia il 2 agosto al Ministero per gli affari esteri.

Perdite di petrolio, fuoriuscite dal gasdotto e i contestati “gas flaring” (la grande quantità di  gas che viene bruciato durante l’estrazione del  petrolio) potrebbero contaminare l'aria, l’acqua e il suolo della zona con sostanze tossiche, dice il rapporto. Recenti studi sulle altre regioni produttrici di petrolio hanno inoltre verificato che lo sfruttamento questa risorsa causa non solo seri problemi di salute ma è anche spesso la causa dell’aumento delle  guerre e dei conflitti locali.
Gli impatti ambientali causati dall'estrazione di petrolio potrebbero minacciare – secondo quando emerge dal Rapporto –  gli ecosistemi d'acqua dolce del Virunga, le ricche foreste e gli animali più rari come i gorilla di montagna. Il parco infatti oltre a più di 3.000 diverse specie di animali ospita molti degli ultimi 880 gorilla di montagna esistenti, in serio pericolo di estinzione.

martedì 13 agosto 2013

L'inesorabile recessione dei ghiacciai

Ormai il riscaldamento globale è diventato una notizia quasi noiosa, ne sentiamo parlare da tantissimo tempo e non ci facciamo più caso. Interessante è osservare la situazione dei ghiacciai, non solo in Italia, ma anche nel mondo: le torri d'acqua d'Europa, per esempio, che forniscono acqua potabile, acqua irrigua ed energia idroelettrica sono sempre più a rischio.
Simile è la situazione nel Karakorum, nel Caucaso, nel'Hymalaya e nelle Ande; la banchisa artica e antartica (l'8 e l'86% della massa glaciale terrestre) si sta sciogliendo inesorabilmente, anche se questo è un aspetto più complesso.
Questi esempi testimoniano come il riscaldamento globale stia cambiando il nostro pianeta, cominciando proprio dagli ambienti di alta quota, ma i ghiacciai non muoiono, si ritirano lentamente prima di sparire; un esempio italiano è senz'altro il ghiacciaio sull'Ortles in Alto Adige: anni fa durante i mesi estivi nelle ore notturne la temperatura era così bassa che neve e acqua ghiacciavano all'istante, al giorno d'oggi, invece, oltre alle dimensioni ridotte del ghiacciaio è possibile notare delle pozze d'acqua sparse per il territorio; il permafrost si scioglie e la terra sembra scivolare, sudare e puzzare di putrefazione.
I ghiacciai sono importantissimi indicatori climatici, molto sensibili al cambiamento, che permettono lo studio della situazione climatica attuale e della sua evoluzione nel tempo, una sorta di banca dati che descrive fedelmente quello che è stato in passato e quello che è nel presente. Grazie a molti scienziati sono state fatte spedizioni sui più grandi ghiacciai del mondo, con misurazioni glaciologiche e fotografie, utili a comparare la situazione dei ghiacciai nel tempo e il confronto è davvero spaventoso.
Ghiacciaio Ortles; http://www.altarezianews.it

lunedì 5 agosto 2013

Predatori che spettacolo!!!

Spesso quando guardiamo dei documentari, gli animali che più ci affascinano sono i predatori; sviluppiamo un senso di attrazione per squali, tigri, leoni, coccodrilli ecc che non ha pari per nessun altra categoria di essere vivente, perché questo? Forse perché hanno armi micidiali e sviluppano delle strategie di caccia che noi non crediamo possibili per degli animali, ma invece la natura offre spettacoli che ci lasciano a bocca aperta.
L'evoluzione dei predatori è avvenuta in conseguenza all'evoluzione delle loro prede che nel corso dei milioni di anni hanno sviluppato armi di difesa per non essere mangiati (corna, zoccoli, veleni, spine ecc), a loro volta coloro che noi chiamiamo 'carnivori' hanno sviluppato armi di offesa (artigli, zanne, veleni ecc) e strategie di caccia; non ci vuole uno scienziato per classificare un animale come predatore, ma a volte usiamo il termine 'carnivoro' erroneamente: questo nome è relativo a un ordine di mammiferi che hanno determinate caratteristiche (felidi, canidi, ursidi, procionidi ecc) morfologiche e spesso non di dieta. E' vero che la maggior parte dei Carnivori si nutre di carne, pesce o invertebrati, ma ci sono specie di questo ordine che pur avendo le stesse caratteristiche morfologiche hanno una dieta onnivora o quasi del tutto vegetariana, vedi il Panda gigante, animale che fa parte della famiglia degli Ursidi ma che fa una dieta composta al 99% di bambù.
Un'altra particolarità dei predatori è la strategia di caccia, alcuni cacciano all'agguato, altri preferiscono la rincorsa, altri sono solitari, altri ancora cacciano in gruppo ed è proprio la distinzione fra animali solitari e quelli sociali la più affascinante: è meglio essere in compagnia oppure da soli? Se prendiamo i Felidi possiamo osservare che solamente il Leone caccia in gruppo, mentre tutti gli altri a cominciare dal gatto domestico cacciano da soli; la risposta sta nel mezzo come sempre: dipende dalle situazioni.
I leoni vivendo in branco hanno la possibilità di attaccare prede più grandi di loro come bufali, giraffe, zebre adulte ecc, con il presupposto però che la preda la devono dividere tra i membri del gruppo, quindi meno carne per il singolo anche se la preda è più grande, allo stesso tempo devono dividere anche la tana e il territorio, non è raro però che le leonesse caccino da solo animali più piccoli come lepri, gazzelle o piccoli di gnu. Il cacciatore solitario, invece, come il Leopardo caccia prede di dimensioni adeguate e quindi il cibo è tutto per sé o al massimo deve dividerlo con i cuccioli.
Il fatto del cibo però non è l'unica ragione che induce a vivere in gruppo, per esempio la Iena maculata vive in branchi composti anche da 80 individui ma il motivo è più per protezione del clan che per cacciare, infatti si dividono in piccoli gruppi massimo di 12 individui che si dividono le prede fra di loro: se andassero a procurarsi il cibo tutte e 80 le iene insieme, sarebbe controproducente, rischierebbero di fare tanta confusione per non prendere niente oppure dividere una preda in 80 parti, quindi pochissimo cibo per tutti e qualcuno rimarrebbe a bocca asciutta.
La maggior parte dei predatori del mondo, però, preferisce cacciare in solitudine e allo stesso tempo vivere in solitudine, trovando la compagnia solo per il periodo dell'accoppiamento, per il semplice fatto che 'chi fa da sé fa per tre', infatti resta più facile nascondersi dai nemici e quando si cattura una preda non c'è da dividerla con nessuno, un po' egoistico come discorso ma funzionale in natura.
Infine, una distinzione molto curiosa va fatta sui tipi di caccia in gruppo che differiscono da specie a specie: i leoni per esempio usano delle strategie particolari, ogni leonessa ha un ruolo come in una partita di calcio, c'è 'l'attaccante' che attacca la preda, le 'ali' che stringono al centro gli erbivori e infine 'il finalizzatore' che salta al collo della preda e dà il colpo di grazia; altri animali meno organizzati sono i Licaoni che vanno a caccia in 12-15 individui e iniziano a correre quando sono sempre a 100 metri dalla preda, correndo per un sacco di km a 55-65 km/h sfiancano gli erbivori che alla fine cede.
E' bello quindi notare come i predatori incarnano l'essenza della natura, diverse strategie di caccia e di comportamento che si sono evolute in milioni di anni.
Foto di www.superedo.it