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lunedì 18 febbraio 2013

Intervista al Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise


1. Innanzitutto come prima domanda un cenno di storia e qualcosa a proposito del territorio del Parco.
Alla fine dell’800 su queste montagne sopravvivevano gli ultimi orsi marsicani e gli ultimi camosci dell’Appennino. Per fermare lo sterminio e la completa estinzione delle specie, Vittorio Emanuele II° vi istituì una Riserva Reale di Caccia che, dopo alcuni anni, fu chiusa a causa degli elevati costi.  Il 2 ottobre 1921 la Federazione Pro Montibus et Sylvis di Bologna, guidata dal botanico Romualdo Pirotta e dallo zoologo Alessandro Ghigi, promosse l’istituzione della prima area protetta d’Italia, affittando dal Comune di Opi 500 ettari della Costa Camosciara, nucleo iniziale del Parco, situato nell’alta Val Fondillo. Il 25 novembre 1921 con una cerimonia inaugurale, per acclamazione, fu costituito l’Ente Autonomo Parco Nazionale d’Abruzzo.Il 9 settembre 1922, per iniziativa di un Direttorio provvisorio, presieduto dal parlamentare locale Erminio Sipari, un’area di 12.000 ettari, dei comuni di Opi, Bisegna, Civitella Alfedena, Gioia dei Marsi, Lecce dei Marsi, Pescasseroli e Villavallelonga, divenne Parco Nazionale. Più tardi lo Stato italiano,con decreto legge dell’11 gennaio 1923, ne riconobbe per legge l’istituzione. Oggi, dopo successive integrazioni comprende un territorio di 50.000 ettari con un’area contigua di circa 80.000 ettari, 25 Comuni e tre regioni, Abruzzo, Lazio e Molise ed è formato da innumerevoli valli e da quattro massicci montuosi la cui altitudine supera i 2000 metri di quota. L’intera area protetta è attraversata dall’alto corso del fiume Sangro. All’interno del Parco troviamo anche alcuni interessanti laghi naturali: Lago Vivo, Lago Pantaniello e alcuni artificiali: Lago di Barrea, Lago di Scanno e Lago della Montagna Spaccata. Nel Parco oggi vive una grande varietà di animali. Possiamo citare 66 specie di mammiferi, 230 di uccelli, 52 di rettili, anfibi, pesci e innumerevoli specie di insetti, nonché 2000 specie di piante superiori, senza contare il variegato mondo dei muschi, alghe, funghi e licheni. Inoltre importanti endemismi, cioè specie che esistono solo in questa zona.

2. Parliamo di flora e vegetazione: che tipo di vegetazione troviamo all’interno degli ecosistemi del Parco? Quali specie (endemismi, relitti, specie rilevanti) di notevole interesse possiamo trovare?
La flora del Parco è rappresentata, complessivamente, da oltre 2.000 specie di piante superiori senza cioè considerare i muschi, i licheni, le alghe ed i funghi; ciò equivale a dire che 1/3 della flora italiana è presente nel PNALM.
Il paesaggio vegetale predominante del Parco è costituito dalle foreste di faggio (Fagus syIvatica), che occupano più del 60% (oltre 24.000 ha) dell'intera superficie del Parco e concorrono a creare un paesaggio ricco di colori che variano al trascorrere delle stagioni.
La faggeta si sviluppo tra i 900 e 1.800 metri di altitudine e si presenta articolata in numerosi sottotipi strutturali e in una  molteplicità di aspetti: da boschi con piante dal fusto filato e liscio come “ceri”, ad esemplari tozzi e plurisecolari, con chioma a forma di candelabro.
Essa  si presenta in genere pura, con sporadica presenza di altre latifoglie mesofile
(acero montano, acero riccio, acero campestre, frassino maggiore, tigli, carpino bianco, ciliegio) possono formare cenosi miste in corrispondenza di forre. Alle quote più basse del territorio del parco o nei tratti caratterizzati da una minore fertilità, il faggio entra in contatto con le latifoglie submediterranee (carpino nero, acero opalo, orniello, roverella, etc.) e lo stesso cerro. Al limite superiore si rinvengono Sorbi, il ginepro nano, il pino mugo e il ramno alpino che spesso vanno a cingere la faggeta con dei veri e propri mantelli.
Ad arricchire ulteriormente i boschi del Parco, contribuiscono alcuni nuclei di “Foreste vetuste” ovvero foreste caratterizzate da una elevatissima naturalità e con individui che superano i 500 anni di età.
Ma il Parco d’Abruzzo non è solo foresta; le praterie di altitudine - che insieme a prati e radure ricoprono oltre il 30% della superficie complessiva del Parco - sono tipiche della parte alta delle montagne e occupano creste e sommità intorno ai 1.900-2.000 metri di quota. Qui la vegetazione è composta prevalentemente da tappeti erbosi  di Graminacee e Cyperacee colorati, nella stagione primaverile (rappresentata comunque dal mese di giugno) da genziane, primule, viole, anemoni, scillee, gigli, orchidee, sassifraghe, ranuncoli, asperule, dentarie, ofridi, ellebori etc. Particolarmente vistosi sono il giglio rosso (Lilium bulbiferum croceum), proprio di pendii assolati e asciutti, il giglio martagone (Lilium martagon), che cresce nelle faggete meno fitte, l'aquilegia (Aquilegia ottonis), abbondante nei pascoli e nei terreni incolti, la genziana appenninica (Gentiana dinarica), di un azzurro intenso.
Tra le peculiarità floristiche, spicca il giaggiolo (Iris marsica) un endemismo del parco, che cresce solo in alcune località e che fiorisce tra maggio e giugno, la scarpetta di Venere o pianella della Madonna (Cypripedium calceolus), una rara orchidea, localizzata nel cuore della riserva integrale.
Un altro endemismo è senz'altro rappresentato dal pino nero di Villetta Barrea (Pinus nigra), una specie relitta risalente probabilmente al Terziario e  localizzata in alcune zone impervie della Camosciara; vanno citati inoltre il pino mugo (Pinus mugo), un relitto glaciale che occupa la fascia vegetazionale tra la faggeta e la prateria di altitudine anch'esso localizzato prevalentemente nella zona della Camosciara e la betulla (Betula pendula) specie relitta, tipica delle epoche glaciali quaternarie, anch’essa estremamente localizzata  in una zona del parco.


3. Che tipo di gestione è prevista per la vegetazione? Ci sono progetti particolari in corso?
All’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise si opera in modo che il ciclo naturale (della singola specie e dell’intero ecosistema) sia soggetto il più possibile alle leggi e dinamiche della “natura” e risenta il meno possibile dell’intervento dell’uomo.
Ciò non è facile, sia per la “storia” delle nostre foreste e delle nostre praterie sia per l’esistenza di antichi diritti di uso del territorio.
Nelle aree in cui la naturalità è maggiore, l’Ente Parco ha istituito, d’accordo con le comunità locali, delle zone di tutela assoluta dove sono bandite le attività antropiche; nelle aree in cui la naturalità è minore gli sforzi dell’Ente Parco sono volti a conciliare le esigenze delle collettività (pascolo di bestiame domestico, taglio dei boschi per fabbisogno familiare, raccolta di prodotti del sottobosco ecc.) con quelle del recupero della naturalità; ciò porta ad esempio alla salvaguardia assoluta delle piante meno diffuse, alla regolamentazione del carico di bestiame, ad un taglio colturale e sostenibile dei boschi, al rispetto dei periodi di nidificazione/parto della fauna, alla tutela di tane, nidi, nicchie trofiche etc… Ovvero si cerca di avere una visione “olistica” dell’ecosistema, qualunque esso sia.
Tra i progetti particolari in corso, sono stati avviati di recente studi sulle praterie del parco, volti soprattutto a conoscere gli aspetti quantitativi, di capacità di sopportare il pascolo (domestico e selvatico) senza che subentrino processi degenerativi e si sta completando inoltre lo studio sulle foreste del Parco.
Tra le particolarità, è stato avviato il processo di riconoscimento UNESCO come “patrimonio naturale dell’umanità” delle foreste vetuste del Parco.   


4. Quando parliamo di Parco Nazionale d’Abruzzo è inevitabile pensare al Camoscio d’Abruzzo (Rupicapra pirenaica), una sottospecie di questo ungulato che si trova solamente qui, come è la sua situazione? Che tipo di conservazione viene fatta su questa specie?
La situazione del camoscio nel Parco è stabile negli ultimi anni con fluttuazioni tipiche di una popolazione selvatica. Attualmente è in corso un progetto della Comunità Europea (Progetto COORNATA) che ha diverse finalità conservazionistiche: approfondimento dello status della popolazione del Parco, vaccinazioni e trattamenti antiparassitari del bestiame domestico ce vive nelle stesse aree del camoscio. Inoltre sono in corso operazioni di cattura dalla Majella e dal Gran Sasso per consolidare la neocolonia dei Sibillini (operazione avviata dal Parco d’Abruzzo nel 2008) e la formazione di una nuova colonia sul Sirente Velino


5. Un’altra specie importante è senz’altro l’Orso marsicano. L’Orso bruno in particolare sta vivendo una situazione difficile nel territorio italiano, come è la sua situazione nel Parco?
L’orso ha il suo areale principale nel Parco. Nelle altre aree, infatti la presenza dell’orso è sporadica ed è purtroppo legata alla presenza di qualche individuo più erratico. E’ proprio per questo motivo che la popolazione di orso è a grave rischio di estinzione. Sebbene nel conteggio del 2012 si siano osservate  5 femmine riproduttive per un totale di 11 cuccioli, la consistenza della popolazione è ancora troppo bassa (tra i 40 e i 50 individui). L’orso è un animale territoriale e ha bisogno di ampi spazi: solo se riuscirà ad espandere il suo areale e se si riusciranno a ridurre le minacce  avrà qualche chance in più di sopravvivenza.

6. Come è possibile conciliare la presenza di questo carnivoro con i piccoli paesi, i pastori e in particolare con la credenza di molta gente che l’orso provochi ingenti danni al bestiame (cosa secondo me molto ingigantita dai media e dalle stesse persone)?
L’orso bruno marsicano da sempre vive in queste terre e i pastori sono abituati alla presenza di questo animale. I danni da orso rappresentano una percentuale molto bassa rispetto ai danni provocati dai lupi o dai cani e questo fortunatamente i pastori lo sanno. Inoltre tutti i danni da animali selvatici vengono indennizzati dal Parco e questo ha contribuito molto a far accettare la fauna alle comunità locale. Spesso purtroppo accade che i media, più per cercare lo scoop che per reale problema, enfatizzino le notizie che riguardano il vagabondare di alcuni orsi nei centri abitati. Va sempre ricordato che in territori come questi dove i paesini a volte hanno appena 100 persone è difficile capire chi invade il territorio di chi. Cioè se l’orso invade il territorio degli uomini o viceversa. E comunque la grande sfida del parco è stata e resta dimostrare continuamente che la convivenza è POSSIBILE.

7. Adesso un piccolo cenno sul Lupo.
Il lupo è stato perseguitato fino a metà degli anni ’70 che in quegli anni era presente solo in alcune aree dell’appennino centro merdionale. Grazie ad un grosso lavoro svolto dal Parco, dalla Regione Abruzzo e da WWF il lupo è diventato a poco a poco un animale protetto che è riuscito a ricolonizzare tutta la dorsale appenninica e parte delle alpi. Sebbene i numerosi atti di bracconaggio ancora presenti, c’è una buona popolazione di lupo (circa 8 branchi riproduttivi nel parco).
                                                                
8. Per quanto riguarda l’avifauna, in particolare per gli amanti di birdwatching, quali specie possiamo osservare?
Anche tra l’avifauna si possono osservare nel Parco numerose specie di uccelli: diverse specie di picchio legati principalmente alle aree di bosco, svassi, aironi, cicogne, gru nelle aree umide, la coturnice sui pendii montani e ovviamente l’aquila reale.

9. Penutlima domanda: il Parco offre un connubio fra arte, cultura, natura e tradizione: quanto è importante questo per la gestione del Parco?
Da millenni questi luoghi sono abitati da comunità il cui atavico attaccamento alla terra ha saputo interpretare e ricondurre le forze della natura a multiformi espressioni di tradizioni, arte, e artigianato creando una cultura autentica e pienamente integrata nel territorio. Questa è senz’altro un punto di forza del Parco. Da sempre, infatti, l’attenzione del Parco si è concentrata oltre che sulla conservazione della biodiversità anche sulla conservazione di quelle che sono le attività umane compatibili  legate alla terra.





10. Come ultima domanda un breve cenno sulle iniziative del Parco per il pubblico durante l’anno e come fare per informarsi per venire a visitare il Parco.
Nel Parco si possono effettuare molte attività durante tutto l’arco dell’anno. Diversi operatori turistici offrono servizi al visitatore, che vanno dalle escursioni/trekking, alla visita alle aziende zootecniche, apiari, alle attività di educazione ed interpretazione ambientale, alle visite in canoa e alle escursioni a cavallo, ecc. ecc.
Per organizzare al meglio una visita al Parco è bene consultare prima di partire il sito del Parco: www.parcoabruzzo.it. Sul sito è possibile reperire tutte le informazioni utili: da come arrivare, a dove alloggiare e mangiare, fino al catalogo delle attività turistico-ricreative.
Inoltre una volta arrivati, per capire il luogo meraviglioso in cui ci si trova la cosa migliore da fare è curiosare tra i graziosi paesini medievali, le aree faunistiche e i Centri di Visita, questi ultimi sono il luogo migliore per trovare ogni tipo di informazione sul Parco. Per fare escursioni ci sono 150 sentieri, di varia difficoltà, segnalati e riportati sulla carta turistica che è possibili acquistare nei punti informazione del Parco. Un‘esperienza unica di vita e di lavoro è partecipare al “Progetto Arcobaleno”, un progetto di volontariato nel Parco (vedasi sito). Girare nei piccoli centri del Parco, parlare con la gente del posto, comprenderne la cultura  può significare scoprire “un mondo diverso” un mondo dove si può sempre imparare che la natura e gli esseri umani possono vivere insieme, intrecciando le loro esperienze.

Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise
Viale S. Lucia snc
67032 – Pescasseroli (AQ)
Tel. 0863/91131 centralino
Email: info@parcoabruzzo.it

Iris marsica; Foto di http://www.parcoabruzzo.it

Cypripedium calceolus; Foto di http://www.naturamediterraneo.com



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